Roba da chiodatori – parte seconda

Gennaio 2012

Sulla corretta tecnica di chiodatura di una via d’arrampicata sportiva su roccia con ancoraggi resinati.

di Marco Pukli – Gennaio 2012

“La tecnica è la condizione imprescindibile della nostra rappresentazione della libertà” Friedrich Schiller – Kallias, o della bellezza

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Arrampicarsi!
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Generazioni di chiodi: vecchio tiracavo (in pensione), eccellente Raumer Superstar e mitico Cosiroc FFME
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Il museo degli orrori! Materiale recuperato in fase di richiodatura.

Un ancoraggio resinato rappresenta il più avanzato stato dell’arte per quanto riguarda la chiodatura di una via d’arrampicata sportiva su roccia. In pratica, non esiste al momento sistema migliore per attrezzare una via d’arrampicata sportiva.

Questo discorso è però valido solamente a patto di eseguire i lavori a regola d’arte e di utilizzare i materiali giusti. Si può tranquillamente dire che, purtroppo, questo patto non sempre è stato rispettato. Anzi.

Non sono pochi i problemi riscontarti negli ultimi anni in alcune nostre falesie: resinati che muovono, resinati che si tolgono, resinati che provocano incidenti e resinati diversamente stabili. In certi settori, a dire il vero un po’ disgraziati, si è arrivati a rilevare decine di ancoraggi “ballerini”, che muovono, e che pertanto non sembrano garantire un livello di sicurezza sufficiente.

Per far sì che un ancoraggio resinato tenga e sia sicuro è essenziale che il chiodatore rispetti con grande disciplina e rigore tutta una serie di regole tecniche.

Nel complesso, molte di queste regole vengono quasi sempre rispettate; per esempio, il criterio di utilizzare chiodi prodotti e certificati appositamente per l’arrampicata sportiva è stato ormai accettato da quasi tutti i chiodatori. Purtroppo, molti altri concetti estremamente importanti vengono invece spesso “dimenticati” o trascurati; per esempio, ci sono ancora molti chiodatori che si ostinano a utilizzare resinacce “poliestere”, di tipo economico, non adatte alla chiodatura di vie d’arrampicata sportiva, anziché resine “per carichi pesanti”, che garantiscono sempre ottima tenuta e durata nel tempo.

Ecco allora la necessità di questo breve saggio, nel quale cerco di fare il punto della situazione sulle tecniche attuali di chiodatura, nella speranza che situazioni di questo tipo non si possano più verificare. Resta inteso che questo non è un “manuale” di chiodatura, bensì solo il mio “punto di vista” di chiodatore.

Cionondimeno, illustrare il proprio punto di vista è un passaggio fondamentale per lo sviluppo di una buona cultura della chiodatura.

Dice bene Jean-Paul Sartre: “Io esisto non solo come punto di vista, ma anche come un punto di vista su cui vergono punti di vista che io non potrei mai prendere.”

Ancora un paio di cose: in questo piccolo lavoro tralascio volutamente molti “princìpi di base” della chiodatura, dandoli per scontati. Per esempio non dico nulla su come resinare, su come utilizzare il tassellatore, eccetera, partendo dal presupposto che chi chioda una via abbia già ricevuto tutta la formazione necessaria e sappia quindi già muoversi su una parete vergine con una certa disinvoltura.

Rimando inoltre alla consultazione della prima parte del mio scritto del 2008

Roba da chiodatori -Digressione sui chiodi piantati male e sui chiodi piantati bene

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Jean-Paul Sartre
Friedrich Schiller
Fernand Petzl, speleologo e fondatore dell’omonima azienda

La tenuta di un ancoraggio resinato è data da:

  • La tenuta del supporto sul quale è stato installato. In pratica, dalla qualità della roccia.
  • L’adesione data dall’ancoraggio chimico (resina). Utilizzando dell’ancorante chimico, la resistenza è dovuta al generarsi delle forze di adesione su tutta la superficie del foro. In pratica, la forza generata da un volo su un chiodo viene dissipata su tutto il sistema “chiodo/roccia”, e non esiste un “punto debole” dell’ancoraggio in particolare.
  • Il modo in cui l’ancoraggio (chiodo) è installato nella roccia

Considerazioni prettamente pratiche, nate dall’esperienza di chiodatore e dall’aver visto in giro una marea di chiodi installati in modo non adeguato.

1. Prima di installare un chiodo, scegliere un posto di roccia assolutamente “buona”.

Cercando bene, un buon posto lo si trova sempre; magari non sarà proprio dove avremmo voluto metterlo, ma meglio un chiodo un po’ più scomodo da moschettonare di un chiodo che se ci si cade sopra rischia di venir via!

In particolare:

  • Installare sempre i chiodi sulla roccia “pura” e mai sulle colate calcitiche.
  • Non mettere mai chiodi dove suona vuoto battendo col martello.
  • Non mettere mai chiodi troppo vicino ai bordi della roccia.
  • Non mettere mai due chiodi troppo vicini tra di loro (interasse tra gli ancoranti).
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Chiodo male installato, poiché messo su un blocchetto di roccia tutto venato; è anche troppo vicino ai bordi.L’ancoraggio illustrato è pericoloso, in caso di sollecitazione è probabile che si spacchi tutto il blocco di roccia.

2.Utilizzare resina adatta.

In arrampicata sportiva bisogna utilizzare esclusivamente ancoranti chimici per carichi pesanti, per applicazioni strutturali.

Esempio di prodotti adatti:

  • Würth WIT-VM 200
  • Spit Epcon
  • Hilti RE 500
  • Sika Scellement
Particolare della scheda tecnica della formidabile resina Würth WIT-VM 200, una delle migliori al momento reperibile in commercio, che assicura eccellenti livelli di sicurezza e durata nel tempo.

Un esempio: la resina epossidica, adatta alla chiodatura, è un materiale sintetico con eccezionali proprietà adesive e strutturali, ha un certo costo e non è di facile reperibilità (non si trova nelle normali ferramenta o nei negozi “fai da te”), mentre la resina poliestere, non adatta alla chiodatura, è più economica, di facile reperibilità, indicata solo per carichi medi e non adatta per carichi pesanti e applicazioni strutturali.

Utilizzare per chiodare resina poliestere significa correre il rischio di installare ancoraggi che prima o poi muoveranno.

3. Utilizzare un ancoraggio adatto.

Utilizzare esclusivamente ancoraggio adatti; non utilizzare mai materiale “bricolage” o non progettato, prodotto e certificato appositamente per l’arrampicata sportiva.

Gli ancoraggi devono sempre rispettare le norme CE e le regole UIAA Safety Labelss.

I valori imposti relativi alla resistenza degli ancoraggi in falesia sono:

  • 2500 daN in trazione verticale (perpendicolarmente all’asse dell’ancoraggio)
  • 1500 daN in trazione assiale (estrazione).
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Bell’assortimento di chiodoni da roccia.
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Il chiodo Raumer Superstar 10×80, dalle eccezionali qualità di tenuta, uno dei miei preferiti su roccia dura.
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Un altro bel chiodo: Austrialpin Inox 90 mm

Esempio di prodotti adatti:

  • Raumer Superstar 10×80
  • Fixe inox 10×80
  • Cosiroc FFME 12,5 x 90
  • Austrialpin Inox 12 x 90 mm

4. Consultare la documentazione tecnica fornita dal produttore del materiale.

Attenzione però: mentre le schede tecniche delle resine sono sempre molto ben fatte e complete, la documentazione reperibile sui “chiodi da roccia” richiede a volte una lettura molto più attenta e critica.

Per esempio, ricordo una scheda tecnica di un chiodo da Ø8, chiodo veramente un po’ troppo piccolo a dire il vero, in cui viene indicata la possibilità di bucare da 9.

Secondo me, la quantità di resina in un buco da 9, dopo averci messo dentro un fittone da 8 è assolutamente insufficiente. Praticamente, non ce n’è, ce n’è un filo, un velo, troppo poca. Con un chiodo da 8, se proprio lo si vuole usare, bisogna bucare da 10.

Forare 2 mm in più della dimensione del chiodo da applicare è un dogma divino e immutabile, e mettervi una quantità di resina abbondante (il buco si deve riempire per circa i 2/3), ci risparmia di dover rifare il lavoro una seconda volta, quando ci saremo accorti che un velo di resina non sarebbe stato sufficiente a tenere su un quadro del salotto e la batteria sarebbe durata solo un decimo di foro in più…

5. Installare il chiodo a regola d’arte. In particolare:

A)Il foro deve essere di forma e di dimensioni adeguate, per contenere la giusta quantità di resina (sempre almeno 2 mm più grande del chiodo). Il foro verrà riempito per circa 2/3 di resina.

image023 Installazione di un chiodo RAUMER SUPERSTAR con scasso per la testa.

B) Bisogna sempre creare l’alloggiamento per la testa del chiodo; il chiodo non soltanto non deve mai sporgere troppo, ma deve anche sempre essere “affogato” nel sistema “resina/roccia”, in modo che non faccia leve sfavorevoli e che lavori sempre correttamente.

In pratica, è necessario che la testa del chiodo sia in parte infissa nella roccia.

Facciamo un esempio pratico, utilizzando il chiodo Raumer Superstar 10 x 80.

Il sistema migliore per installare questo tipo di splendido ancoraggio richiede la creazione di due buchi: un foro principale da 12, lungo circa 13 centimetri, non perpendicolare alla roccia bensì inclinato di una quindicina di gradi, e un foro secondario, lungo più di un centimetro, che poi va lavorato, prima col trapano e poi col martello, in modo da creare sia l’alloggiamento per la testa del chiodo che la camera interna per la resina.

image025 Creazione del foro con scasso per il chiodo RAUMER SUPERSTAR 10 X 80. Si noti lo scasso per l’alloggiamento della testa del chiodo e l’inclinazione del foro.
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Corretta installazione di un chiodo FIXE. Si notino i due scassi creati per l’alloggiamento della testa del chiodo e l’inclinazione del foro.Immagine tratta dal sito www.techrock.es
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Modalità di installazione del chiodo Cosiroc FFME 12,5 x 90. Si noti come la testa del chiodo sia completamente “affogata” nella resina.Figura tratta dal manuale ” Aménagement et Équipement d’un Site Naturel d’Escalade”, della Cosiroc.

C) Il buco deve sempre essere perfettamente pulito e asciutto prima di resinare.

D) Il moschettone deve sempre lavorare bene. Bisogna provare a mettere un rinvio nel chiodo prima di resinare, in modo da verificare che tutto vada bene.

I chiodi che sporgono troppo, oltre ad essere orrendi da vedere, creano tutta una serie di problemi, non ultimo il fatto che con un chiodo troppo sporgente il moschettone lavora da schifo, e il gruppo “chiodo/moschettone” a volte arriva addirittura arriva a ostacolare il buon scorrimento della corda.

Ho fatto un “test”, molto molto pratico e poco poco scientifico, ma che può fare capire quelli che sono i due problemi principali che affliggono il mondo dei resinati: chiodi male installati e resina inadatta.

Ecco il test, semplice semplice:

Con un martello da roccia, picchio (non tropo forte) sul chiodo dall’alto verso il basso, simulando quindi molto grossolanamente lo “strappo” che il chiodo stesso riceve durante un volo.

Agendo su un chiodo ben installato, con la testa del chiodo “affogata” nel sistema “roccia / resina”, si “sente” che il chiodo “canta” come se si stesse martellando direttamente la roccia. Il chiodo sembra essere tutt’uno con la roccia, e la sensazione che se ne ha è che continuando a martellare sempre più forte alla fine si debba rompere la roccia, ma che non si riesca in alcun modo a levare il chiodo. In pratica, la tenuta del chiodo è superiore alla resistenza della roccia. Per togliere il chiodo, bisogna o segarlo o distruggere un pezzo di parete. Sembra proprio un chiodo ben installato.

Agendo invece su un chiodo male installato, con la testa del chiodo che sporge e non è attaccata alla roccia, il suono è ben differente.

Il chiodo “vibra” a ogni martellata e, se la resina utilizzata non è di qualità adatta, le botte provocano delle piccole fratture nella resina stessa, fino a quando la resina inizia a “sbriciolarsi” un po’ sotto i colpi delle martellate. Quindi il chiodo inizia a muovere.

Se posso tentare una conclusione da questo test, posso dire che perché la resistenza dell’ancoraggio resinato sia realmente dovuta al generarsi delle forze di adesione su tutta la superficie del foro, è necessario che il chiodo sia installato a regola d’arte, così come descritto in questo trattato. Altrimenti, tutto il discorso decade, si perdono i vantaggi derivanti dall’utilizzo degli ancoraggi chimici e si crea una situazione allucinante di incertezza, dove gli scalatori non riescono a valutare se gli ancoraggi sono affidabili oppure no.

Non dimentichiamoci delle centinaia di chiodi non perfettamente installati che ci sono in giro e che prima o poi ci toccherà sostituire.

Un resinato che muove, infatti, è da sostituire, proprio perché non si può sapere se terrà 5 tonnellate o se verrà via al prossimo volo.

Ecco quindi l’importanza fondamentale di eseguire fin dall’inizio un lavoro perfetto; intervenire in una fase successiva diventa un problema sotto tanti – troppi – punti di vista.

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Chiodo ben installato; la testa del chiodo è infissa nel sistema “roccia / resina”.
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Chiodo installato male; la testa del chiodo non tocca nemmeno la roccia.

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Chiodo mal messo: sporge troppo, la testa non solo non è “affogata” nella resina ma addirittura non appoggia neanche contro la roccia. Tra l’altro il chiodo nell’illustrazione è stato installato con della resina poliestere, e si muove. E’ un chiodo pericoloso.
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Idem come figura precedente.
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questo chiodo ha causato un incidente, fortunatamente non grave. Il chiodo è fuoriuscito dalla roccia in seguito ad un volo.Immagine tratta dal sito www.ufficioguidefinale.it
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Ancoraggio Cosiroc FFME 12,5 x 90 ben installato. Non muoverà mai
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Altro ancoraggio Cosiroc FFME 12,5 x 90 ben installato.
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Ancoraggio Raumer Superstar 10×80 ben installato. Si noti anche come lavora bene il rinvio.

Vediamo ora quali sono, in arrampicata sportiva su roccia, i principali vantaggi degli ancoraggi resinati (ancoraggi chimici) rispetto ai “classici” spit o tasselli a espansione (ancoraggi meccanici).

  • Sono utilizzabili su qualsiasi tipo di roccia, anche su rocce problematiche come la roccia tenera di Finale, dove invece gli ancoraggi meccanici ad espansione non vanno bene.
  • Praticamente non richiedono manutenzione e garantiscono una lunghissima durata.
  • Sono molto resistenti agli agenti atmosferici e ambientali.
  • Si riescono ad installare perfettamente in ogni posizione, anche in tetto. Consentono quindi un’eccezionale versatilità di utilizzo.
  • Grazie alla forma del chiodi da resinare, questi offrono una superficie adatta per lo scorrimento della corda e si possono quindi usare anche per effettuare calate di emergenza.
  • I costi ormai grosso modo sono simili a quelli degli ancoraggi meccanici, ma la loro durata e affidabilità e di molto superiore.
  • Considerando che a volte l’utilizzo di resine è necessario per consolidare degli appigli / appoggi, chiodando con ancoraggi resinati si ha sempre con sé un materiale necessario al lavoro.
  • I resinati sono poco visibili, non danno nell’occhio e si integrano bene nell’ambiente “roccia”. Ovviamente, devono essere ben installati e non sporgere troppo altrimenti, oltre a flettere e generare un insidioso effetto leva in caso di sollecitazione, sono bruttissimi da vedere.
  • Chiodare con ancoraggi resinati è molto più lungo e laborioso che chiodare con tasselli a espansione. La chiodatura di una via con ancoraggi resinati richiede sempre un lungo lavoro di preparazione della parete, che va preventivamente attrezzata con tasselli a espansione in modo da poter poi installare i resinati.

Vediamo anche alcuni aspetti negativi:

In caso di errore in fase di installazione, togliere un resinato son dolori, mentre un fix si sostituisce agevolmente, se si ha avuto l’accortezza di fare il buco sufficientemente lungo da potercelo martellare dentro.

  • Per chiodare con ancoraggi resinati su rocce dure è praticamente indispensabile il trapano a motore, vista la dimensione e la forma dei buchi che bisogna fare, mentre utilizzando tasselli a espansione si può quasi sempre utilizzare un “normale” trapano a batteria.
  • Certi chiodi da resinare in acciaio Inox, per esempio il Fixe da 10, pur assicurando un’ottima resistenza, hanno una superfice un po’ troppo liscia, sulla quale non tutte le resine aderiscono bene. Sono chiodi da utilizzare con molta cautela.
  • Non so come si comportino i resinati in caso di incendio del territorio circostante. A dire il vero però non so neppure come si comportano gli ancoraggi meccanici.
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Ancoraggio meccanico, tipo “Fix”, da 10, con placchetta. Marca Petzl.
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Ancoraggio meccanico, tipo “Fix”, da 12, con placchetta. Marca Raumer.
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Chiodo per ancoraggio chimico, da resinare. Marca Salewa.
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Chiodo per ancoraggio chimico, da resinare.Marca Fixe.
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La “pietra di Finale”, splendida ma molto tenera. Su una roccia così gli ancoraggi resinati sono l’unico sistema di chiodatura possibile.

Quando un resinato dà dei problemi, ovvero “muove”, la prima cosa che ci si chiede è: perché muove?

Perché muove proprio un chiodo che dovrebbe invece, per propria stessa natura, garantire una tenuta formidabile?

In linea generale, infatti, il chiodo resinato non è soggetto ad usura, o comunque è soggetto ad un’usura trascurabile, e quindi non richiede manutenzione, a differenza di altri oggetti che invece sono molto soggetti ad usura, come per esempio i moschettoni.

In arrampicata non bisogna quindi mai e poi mai confondere un oggetto che richiede manutenzione da uno che non ne richiede. In pratica, mentre un resinato si è costretti a prenderlo per buono, poiché non si ha modo di fare delle serie verifiche di tenuta “sul campo”, mentre si scala, un moschettone di calata lo si deve sempre verificare, perché è soggetto ad usura e quindi potrebbe benissimo essere consumato e non utilizzabile.

Quindi, se un chiodo resinato si muove oppure è venuto via, possiamo stare quasi certi che è stato installalo male.

Ecco allora l’importanza fondamentale di quanto segue:

  • Ogni volta che si attrezza una via, e in particolar modo se la si attrezza con ancoraggi resinati, bisogna rendere disponibili le informazioni sul tipo di materiale utilizzato.

Questo perché, nel caso che ce ne fosse bisogno, si potrà sapere, risalendo alla documentazione della via, da che punto cominciare per affrontare il problema.

Io quando chiodo una via nuova “pubblico” sempre una scheda tecnica. Per esempio:

http://www.pukli.it/EXTRA/Fontana_2011.htm

Ecco una breve carrellata di materiale da non utilizzare mai, poiché al posto di questo materiale “sbagliato” si può sempre pensare di utilizzare del materiale adatto ed affidabile. Si tratta solo, a volte, di spendere un po’ di più. Oppure, ancora meglio, di spendere la stessa cifra ma fare qualche via in meno.

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Achtung!Moschettoni in acciaio non testati e non concepiti per l’arrampicata sportiva su roccia
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Achtung!Tendicavi in acciaio non testati e non concepiti per l’arrampicata sportiva su roccia
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Achtung!Resina Poliestere
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Achtung!Placchette artigianali
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Achtung!Materiale “bricolage” in genere
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Achtung!Cordoni su alberi
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Achtung!Calata realizzata direttamente con un grillo posizionato su un solo anello di una catena. Il tutto potrebbe tenere anche 3 tonnellate, se tutto va bene… Buona fortuna!
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Achtung!Due moschettoni in acciaio utilizzati (impropriamente) per delle soste.Quello di sinistra l’ho trovato rotto alla sosta (!), quello di destra è visibilmente mal fatto.
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Achtung!Moschettoni vecchi in alluminio per la calata dalla sosta.

Ora che esistono i “gruppi sosta inox completi”, ovvero le soste già montate e pronte “di fabbrica”, ogni altro tipo di sosta di calata è da considerarsi vetusto e inaccettabile.

I vantaggi di utilizzare soste di questo tipo sono talmente numerosi ed evidenti che non c’è molto da aggiungere; vediamone comunque alcuni:

  • Offrono la miglior sicurezza.
  • Utilizzando le soste realizzate di color grigio chiaro, leggermente opache, si vedono pochissimo, con un impatto ambientale minimo, ancora meno dei due chiodi con maillon rapide.
  • Sono molto economiche: per esempio, la sosta completa RAUMER inox della figura 22 si trova a circa 11 Euro.
  • Sono pressoché eterne.

Resta soltanto da scegliere qual è il tipo di sosta migliore tra quelli esistenti.

Quella che a me piace di qui è questa:

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Gruppo Sosta RAUMER inox – 2 Rock Ø10 + 1 Catena + 2 Anelli Ø10.Anelli per la calata da 32 mm che non si consumeranno praticamente mai,tenuta 3000 Kg.Una sosta essenziale e perfetta, senza nessun punto debole e senza bisogno di manutenzione.
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Altra bella sosta: Austrialpin Inox. Notare la finezza del maillon sul chiodo inferiore, che consente la sostituzione dell’anello.
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Un tipo di sosta che detesto: 2 chiodi senza catena, non collegati tra di loro, con uno o più maillons, spesso messi a casaccio.La corda scorre quasi sempre male e i chiodi si consumano velocemente.Nella figura la corda è anche passata al contrario e si strozza ancor più del dovuto. Comunque, in un modo o nell’altro, con una sosta così la calata è un delirio, soprattutto se la via è lunga più di 10 metri.

Soprattutto in fase di richiodatura è necessario levare il materiale vecchio e “tappare” i buchi lasciati dai vecchi tasselli ad espansione.

E’ sufficiente mettere un po’ di resina sul buco; in questo modo il buco vecchio diventa invisibile.

Ovviamente, questo è essenzialmente un concetto estetico, che non ha quasi nulla a veder con la sicurezza.

Ricordo però che se non si partisse dal concetto di “bello”, le vie d’arrampicata non potrebbero neppure esistere, e non saremmo quindi nemmeno qui ora a disquisire sul concetto della sicurezza.

In certi casi, però, lasciare in parete del materiale “antico”, storico, può essere una bella cosa.

Ecco una testimonianza molto interessante di Walter, Webmaster del sito https://www.arrampicate.it/ :

“…a volte fa piacere vedere in parete un vecchio spit, un vecchio chiodo, un cordino anni 70, cioè la testimonianza del “passaggio” dei nostri predecessori, naturalmente dico un segno, appunto a testimonianza, magari su un tiro particolare, in un punto che non “da fastidio…”

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Foro non tappato; si vede uno “sbrego” enorme, che tra l’altro diventa anche un ottimo appiglio.
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Foro non tappato; fosse stato chiuso con della resina, sarebbe risultato invisibile.
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Placchetta vecchia non tolta: orrenda, e anche un po’ pericolosa se ci si cade sopra. Foto Donde.
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Togliere del materiale di questo tipo è un grande culo, spesso vien via solo a martellate.Quando si trova del materiale molto vecchio e arrugginito, schiodare può diventare il lavoro più faticoso. Foto Donde.
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Un caso “eclatante”: una splendida foto di Andra Gallo nella quale si scorge un vecchio tassello arrugginito non tappato in fase di richiodatura.Un vero peccato, e una brutta figura per tutti noi “chiodatori”, alla cui categoria va certamente il merito di aver chiodato e richiodato la via, ma anche la tirata d’orecchie per non aver coperto il buco.

Fino a quando la via non è terminata il chiodatore deve avere la possibilità di sbagliare. Gli errori che può fare un chiodatore sono pressoché infiniti, dal mettere un chiodo nel posto sbagliato a non accorgersi di una pietra pericolosa a piazzare la sosta in un posto assurdo.

L’errore è anzi parte integrante del processo di creazione di una via nuova. Volere evitare gli errori ad ogni costo, voler fare delle vie nuove senza prima sbagliarle un po’, significa frenare e forse anche impedire la possibilità di creare delle belle vie. In fase di chiodatura è pertanto necessario creare quelle condizioni dove l’errore sia ancora possibile poiché, essendo l’errore è un passaggio indispensabile del processo di chiodatura, senza la possibilità di sbagliare non esiste la possibilità di creare una bella via nuova. Al limite, si riesce a fare qualche “vietta”, nulla di più.

In ogni caso, per quanto si cerchi di fare le cose il meglio possibile, un certo lavoro di rifinitura e verifica della via appena creata è sempre necessario.

Dopo aver terminato i lavori in parete, il chiodatore dovrà scalare la sua opera, controllare che tutto vada bene e correggere gli eventuali difetti riscontrati.

Eh sì, perché è quasi impossibile che tutto vada bene al primo colpo, c’è sempre un qualcosina da aggiustare: una presa ancora da pulire, una pietra che muove, un chiodo messo nel posto sbagliato.

Il lavoro di chiodatura di una via può considerarsi concluso solo dopo che il chiodatore ha scalato la sua via e ha effettuato gli ultimi ritocchi.

I chiodi vanno messi con precisi criteri. Non vorrei ora iniziare con le solite tiritere sulla disposizione dei chiodi su una via, poiché ne ho già parlato abbastanza nel saggio “Roba da chiodatori”. Ma certe cose è comunque bene ricordarle, non si sa mai.

Allora:
La chiodatura di un itinerario va effettuata in base al livello degli arrampicatori ai quali l’itinerario stesso è destinato. Se attrezzi un 6b, lo devi chiodare per chi scala sul 6b, non per chi scala sul 9a+. Se poi sei proprio tu quello che scala sul 9a+, e quindi te le sei chiodato per te stesso, con i chiodi a 7 metri uno dall’altro, allora sei proprio uno sxxxxxxx!

Bisogna rispettare l’ambiente delle vie già esistenti. In linea generale, non incrociare altre vie, (tranne i casi in cui delle vie facciano dei lunghi traversi e occupino vasti tratti di parete molto interessanti).

Non chiodare vie nuove troppo vicine ad altri itinerari. Tra una via e l’altra ci deve essere spazio, molto spazio; le vie devono “respirare”. Non c’è cosa più brutta che due vie troppo vicine. E’ sempre meglio avere una via in meno che una via che disturba un’altra.

Non voler chiodare tutte le linee disponibili in un settore. Spesso il posto migliore dove mettere un chiodo è da un’altra parte, su un’altra parete.

Come dicevo, i chiodi vanno messi con una certa accortezza. Per trovare il punto giusto è sempre assolutamente necessario provare tutti i passaggi della via, per molte volte, finché non si è assolutamente sicuri di aver individuato il posto migliore. Per lavorare in questo modo, è necessario preparare la via: bisogna allestire una “pre-chiodatura” provvisoria necessaria per provare i movimenti e per individuare il posto in cui installare i chiodi, nonché per l’installazione vera e propria. Detta attrezzatura provvisoria sarà eliminata una volta chiodata la via, “cancellando” poi ogni traccia (per esempio tappando i buchi dei tasselli provvisori utilizzati).

Ecco alcuni criteri da seguire sempre; ogni ancoraggio deve

  • Impedire la caduta per terra o contro ostacoli;
  • Essere immediatamente prima di un passaggio difficile rispetto alla difficoltà complessiva della via;
  • Essere dalla parte della mano libera dell’arrampicatore, salvo casi eccezionali e giustificabili;
  • Essere alla giusta altezza anche per i più piccoli di statura;
  • Ridurre al minimo, per quanto possibile, l’attrito della corda;
  • Disturbare il meno possibile il concatenamento dei passaggi
  • Essere posizionato in modo da non ostruire prese e appoggi;
  • Essere sufficientemente distante da spigoli e bordi (non inferiore a 25 cm);
  • Dare in generale possibilità di movimento al rinvio senza che questo, in fase di caduta dello scalatore, s’incastri o urti in modo anomalo sulla roccia.
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Via attrezzata con ancoraggi Raumer Superstar 10×80 ben installati; la via è sicura, i moschettoni lavorano sempre bene e i chiodi, non sporgendo troppo e con la superficie dell’ancoraggio di color grigio chiaro, leggermente opaco, sono discreti e non disturbano la vista, si “vedono poco”. Nel complesso, un bel quadretto.
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“La Folle Speranza”, 7a, al Settore “Terminal”, in Val Pennavaire.
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Lavori in parete; il chiodatore è Matteo “Donde” Felanda.
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Lavori in parete; il chiodatore è Matteo “Donde” Felanda.
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Lavori in parete; il chiodatore è Matteo “Donde” Felanda.
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Spesso si utilizzano attrezzi un po’ strani….

Una via d’arrampicata sportiva su roccia ha motivo di esistere solo se è bella.

Per chiodare una bella via bisogna senza dubbio conoscer alla perfezione la “tecnica” di chiodatura; ma la tecnica, in sé, non basta, anzi, in sé non serve proprio a nulla.

E’ vero che un chiodatore può iniziare ad avere un proprio stile solamente dal momento in cui è in grado di affrontare tutte le difficoltà tecniche, ma è ancor più vero che la tecnica può condurre il chiodatore solo fino a un certo punto.

La tecnica può condurre il chiodatore nei pressi della strada che porta alla creazione di una bella via, ma la trasformazione da semplice “itinerario” a “bella via”, a opera d’arte se vogliamo, è possibile solo attraverso un grande salto, un balzo verso la bellezza.

Il risultato finale sarà che un bravo chiodatore, attraverso le sue vie, grazie al suo stile, ci saprà mostrare la roccia, la parete scalabile, attraverso le linee più belle e sicure.

Con questo voglio dire che la chiodatura ha un peso molto importante nell’estetica di una via d’arrampicata su roccia.

La bellezza di una via d’arrampicata è data dalla natura nella quale la via si svolge, entro i limiti e i vincoli imposti dalla via d’arrampicata stessa (i chiodi in parete appunto, la chiodatura). La natura, attraverso la via d’arrampicata, si apre alle esperienze dello scalatore. Più i vincoli della via d’arrampicata (che sono appunto rappresentati dalla chiodatura), danno la possibilità di creare condizioni che favoriscono esperienze profonde e intense, più la via è gradevole.

L’esperienza, la storia delle vie finora attrezzate, ci ha insegnato che le vie più belle assai raramente sono state attrezzate da una persona alla quale difetta quel pregio artistico che sarebbe invece sempre auspicabile in un chiodatore. Infatti, quando troviamo una via particolarmente male attrezzata, possiamo stare certi che ciò che manca al chiodatore non è la conoscenza tecnica, bensì il senso estetico.

Purtroppo, anche dominando alla perfezione ogni regola tecnica di questo mondo, un chiodatore con scarso senso estetico, volgare (intendendo per volgare appunto quella mancanza di pregio estetico che invece sarebbe auspicabile), tenderà a utilizzare per le proprie opere comunque tecniche e materiali mediocri. Non è che non sappia “capire” le cose belle: non le sa creare.

I risultati si vedono subito: chiodi piantati qua e là a un po’ casaccio, vie chiodate ovunque indipendentemente dal loro interesse estetico, materiale scadente, itinerari che sono delle “linee rette”, dritte come i binari della ferrovia nel deserto, anziché delle linee naturali, sinuose, a serpentina, che scorrono fluide e leggere nelle pieghe della parete.

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Resinato e roccia: perfezione tecnica ed estetica.
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Nascita di Venere, una delle creazioni più elevate dell’estetica di Sandro Botticelli.

Vediamo infine alcuni semplici e veloci esempi pratici basati su considerazioni estetiche, per far sì che il lavoro del chiodatore possa sempre restare all’interno dei confini del buon gusto.

  • Una via d’arrampicata su roccia non dovrebbe essere troppo corta, diciamo non meno di una dozzina di metri. Ovviamente questo in linea generale, poiché nella realtà ogni falesia è un discorso a parte. Per esempio, nei “settori scuola” le vie corte sono molto utili.
  • Una via d’arrampicata dovrebbe essere su roccia solida e sicura.
  • Una via d’arrampicata dovrebbe essere sempre a una certa distanza da altre vie, in modo da “respirare” per bene e non “disturbare” le linee limitrofe.
  • Meno vie si chiodano meglio è. Non chiodare tutto il chiodabile, ma creare solo cose “importanti”, belle e tecnicamente perfette, e il resto lasciarlo stare. Chiodare poche vie nuove dà solo vantaggi.
  • Esteticamente, il chiodo “più bello” è quello che non c’è; sarebbe meraviglioso poter scalare senza chiodi in parete.

Ma visto che ciò non è possibile, che qualche chiodo qua e là deve esserci per forza, altrimenti ci spiaccichiamo in terra, il chiodo più bello è quello che “quasi” non c’è, quello che “quasi” non ti accordi di averlo moschettonato, d’averlo visto, di averne sentita la necessità. Un chiodo ben messo, messo nel posto migliore, aiuta lo scalatore a rendersi libero.

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Gianluca Bergese attrezza al Corno Stella
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La linea de “Il Drago”, a Toirano
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La linea de “Il Drago”, a Toirano

L’ideale sarebbe che tutti i punti di assicurazione di una via fossero dello stesso tipo. Per esempio: tutti chiodi Raumer Superstar 10×80 e resina Würth WIT-VM 200.

La sosta può invece tranquillamente essere di tipo differente.

In fase di richiodatura è sempre necessario sostituire tutti i punti di assicurazione, e non solo quelli che “sembrerebbero” non andare bene. Se la via è da richiodare il motivo c’è; non fare quindi lavori parziali, tipo cambiare un chiodo perché muove e gli altri no, se gli altri chiodi della stessa via sono dello stesso tipo, poiché da lì a poco o muoveranno anche gli altri.

Non è invece per niente detto – anzi! – che tutte le vie di un settore vadano richiodate. Vanno richiodare solo le vie meritevoli, le vie belle, le altre è sempre meglio lasciarle perdere.

Il testo principale, che ogni chiodatore dovrebbe conoscere è (in francese):

« Aménagement et Équipement d’un Site Naturel d’Escalade », di Daniel TAUPIN, Jean-Pierre VERDIER, Oleg SOKOLSKY, Joël THOMINE & Claude VIGIER.

(1996), 144 pages, formato A4. Edito dalla COSIROC (Comité de Défense des Sites et Rochers d’Escalade).

Su internet c’è la possibilità di accedere a materiale molto interessante sull’argomento, oltre a che, come è ben noto, ad un’infinita marea di stronzate.

Ecco una piccola selezione di articoli seri:

http://www.ensa-chamonix.net/index.php?option=com_content&view=article&id=112&Itemid=390

http://www.ensa-chamonix.net/index.php?option=com_content&view=article&id=219&Itemid=537

http://www.ensa-chamonix.net/index.php?option=com_content&view=article&id=220&Itemid=538

http://www.klettern.de/sixcms/media.php/8/brosch_re_bohrhaken.pdf

http://www.safeclimbing.org/education.htm

http://www.safeclimbing.org/education/adhesivebolts.htm

http://www.caibolzaneto.net\articoli\sicurezza\sicurezza.PDF

http://scoiattoli.ch/rsc/Chiodatura.pdf

http://www.caimateriali.org/corso-mt.html?tx_filelinks_pi1%5Bdownload%5D=6&tx_filelinks_pi1%5Bcid%5D=95&cHash=a66e7a5ec9b9c31101dd83f9e7f4b961

Chiodatura, chiodi e spit by Thomas

Ogni produttore di fissanti chimici rende disponibile le schede tecniche.

Per esempio:

http://www.wuerth.it/php-scripts/wuerth/main.php?page_name=products/tasselli/ancoraggi_chimici&menu=m_prodotti&sub_menu=m_tasselli

http://www.fischeritalia.it/portal/page?_pageid=53,796829&_dad=portal&_schema=PORTAL

http://www.hilti.it/holit/page/module/product/prca_catnavigation.jsf;jsessionid=87E34078A9B112F7D2173A1396F703B3.node2?lang=it&nodeId=-42522

Così come ogni produttore di chiodi.

Per esempio:

http://www.petzl.com/files/all/technical-notice/Sport/P55_COLLINOX.pdf

http://www.raumerclimbing.com/ita/prodotti_dettaglio.asp?prod=-superstar-_inox_ø10×80&qi=0-7-68

http://www.fixehardware.com/marine-grade_hardware.htm

Anche nei cataloghi on-line di alcuni negozi specializzati si possono trovare, oltre ovviamente ai prodotti in vendita, informazioni preziose

Se il lavoro di chiodatura con ancoraggi resinati è ben fatto, viene assicurata un’eccezionale sicurezza e durata nel tempo. Inoltre, è io sistema più discreto, che si vede meno, con il minor impatto ambientale.

Chiodare una via d’arrampicata sportiva su roccia è però diventata un’attività (un’arte?) talmente complessa che, per raggiungere un sufficiente livello tecnico, è ormai necessaria un’adeguata formazione. In pratica, è necessario che “l’apprendista chiodatore” impari almeno i fondamenti del “mestiere” da un chiodatore esperto.

Ma attenzione: per diventare “veri” chiodatori serve, al di là di ogni possibile didattica, anche una certa dose di talento naturale.

Resta però il fatto che, senza adeguata formazione, anche chiodatori geniali e potenzialmente molto dotati possono arrivare a fare delle belle e grandi minchiate.

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Ancora oggi è possibile trovare dalle nostre parti pareti vergini sulle quali immaginare e disegnare nuove linee.

Ma di pareti vergini non ve ne sono più molte, e prima o poi non ve ne saranno proprio più.

E’ per questo che ogni chiodatore, nel rispetto degli altri chiodatori e di tutti gli scalatori, deve cercare di lavorare nel migliore dei modi e, soprattutto, di attrezzare il minor numero possibile di vie nuove.

Poche vie ma belle e tecnicamente perfette.

Le pareti rocciose sono un qualcosa di estremamente raro e prezioso, da salvaguardare ogni giorno di più dalla banalità delle vie di scarso valore estetico.

Marco Pukli – Gennaio 2012

 

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